venerdì 5 agosto 2016

Ti farò mia sposa per sempre

SECONDA LETTURA

Dal «Cantico spirituale» di san Giovanni della Croce,
sacerdote
(Red. A, str. 38)
Ti farò mia sposa per sempre

   L’anima unita e trasformata in Dio vive in Dio e per Dio, e riflette verso di lui lo stesso impulso vitale che egli le trasmette. È ciò che ha inteso dire, penso, san Paolo quando scrisse: «E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre» (Gal 4, 6), la qual cosa accade ai perfetti nella maniera suddetta.
   Non bisogna ritenere impossibile che nell’anima avvenga una cosa tanto sublime. Infatti quando Dio le fa la grazia di giungere ad essere deiforme e unita con la Santissima Trinità, essa diventa Dio per partecipazione. Allora si rende possibile nell’anima un’altra vita intellettiva, conoscitiva e caritativa, realizzata nella Trinità, in unione con la Trinità e simile a quella della stessa Trinità. Ciò tuttavia solo per comunicazione, perché è sempre Dio che opera tutto ciò che si verifica nell’anima. Come poi ciò avvenga, non si può sapere né si può esprimere. Si può solo dimostrare che il Figlio di Dio ci ottenne uno stato tanto sublime e ci meritò di poter essere figli di Dio e lo chiese al Padre dicendo: «Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato» (Gv 17, 24), vale a dire che per partecipazione compiano in noi la stessa opera che io compio per natura, cioè quella di spirare lo Spirito Santo. Disse anche: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me: perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me» (Gv 17, 20-23).
   Dio quindi ha comunicato loro lo stesso amore che al Figlio, e ciò non per natura come al Figlio, ma per unione e per trasformazione d’amore. Il Figlio chiede al Padre che gli eletti siano una cosa sola non come unica essenza e natura come lo sono il Padre e il Figlio, ma nel senso di un'unione d’amore, come il Padre e il Figlio vivono in unità di amore. Perciò le anime possiedono per partecipazione gli stessi beni che possiede Dio per natura. In forza di ciò esse sono veramente Dio per partecipazione, uguali a lui e sue compagne.
   Perciò san Pietro dice: «Grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza, nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro. La sua potenza divina ci ha fatto dono di ogni bene per quanto riguarda la vita e la pietà, mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua gloria e potenza. Con queste ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina» (2 Pt 1, 2-4).
   L’anima partecipa di Dio compiendo in compagnia di lui l’opera della Santissima Trinità, nel modo già descritto, in forza di quell’unione, che ora la lega solo imperfettamente all’Altissimo, ma nell’altra vita la vincolerà a lui in grado assoluto. Tuttavia l’anima, giunta a questo stato, esperimenta un godimento immenso e inesprimibile.
   O anime create per vette così alte e ad esse chiamate, che cosa fate? In che cosa vi intrattenete? Vorrete essere cieche dinanzi a tanta luce e sorde di fronte a richiami così autorevoli?

Fonte www.chiesacattolica.it

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