mercoledì 29 giugno 2016
lunedì 27 giugno 2016
Conferenza stampa di Papa Francesco sull'aereo di ritorno dall'Armenia
VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN ARMENIA
(24-26 GIUGNO 2016)
CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE
DURANTE IL VOLO DI RITORNO DALL'ARMENIA
Volo Papale
Domenica, 26 giugno 2016
[Multimedia]
Padre Lombardi:
Santo Padre, grazie mille di essere qui al termine di questo viaggio abbastanza breve ma molto intenso. Siamo stati contenti di accompagnarLa e adesso vogliamo farLe ancora, come al solito, un poco di domande, approfittando della Sua gentilezza. Abbiamo una lista di persone che sono qui iscritte a parlare, e possiamo incominciare, come al solito, con i colleghi dell’Armenia, perché diamo a loro la priorità. Il primo è Arthur Grygorian, della televisione pubblica armena.
Papa Francesco:
Buona sera! Vi ringrazio tanto per l’aiuto in questo viaggio e per tutto il vostro lavoro che fa bene alla gente: comunicare bene le cose vuol dire buone notizie, e le buone notizie fanno bene sempre. Grazie tante, grazie.
Arthur Grygorian, televisione pubblica armena:
(in inglese) Santo Padre, è risaputo che Lei abbia amici armeni. Lei aveva già contatti con le comunità armene in Argentina. Nel corso degli ultimi tre giorni, Lei – per così dire – è arrivato a toccare lo spirito armeno. Quali sono i Suoi sentimenti, le Sue impressioni, e qual è il messaggio per il futuro, le Sue preghiere per noi armeni?
Papa Francesco:
Bene, pensiamo al futuro e poi andiamo al passato. Io auguro a questo popolo la giustizia e la pace. E prego per questo, perché è un popolo coraggioso. E prego perché trovi la giustizia e la pace. Io so che tanti lavorano per questo. E io sono stato anche molto contento, la settimana scorsa, quando ho visto una fotografia del Presidente Putin con i due Presidenti armeno e azero: almeno si parlano. E anche con la Turchia: il Presidente della Repubblica [Armena] nel suo discorso di benvenuto ha parlato chiaro; ha avuto il coraggio di dire: “Mettiamoci d’accordo, perdoniamoci e guardiamo al futuro”. Questo è un coraggio grande! Un popolo che ha sofferto tanto! L’icona del popolo armeno – e questo pensiero mi è venuto oggi mentre pregavo un po’ – è una vita di pietra e una tenerezza di madre. Ha portato croci, ma croci di pietra –si vedono anche [le caratteristiche croci di pietra dette khachkar] –; ma non ha perso la tenerezza, l’arte, la musica, quei “quarti toni” tanto difficili da capire, e con grande genialità… Un popolo che ha sofferto tanto nella sua storia, e soltanto la fede, la fede lo ha mantenuto in piedi. Perché il fatto che sia stata la prima nazione cristiana, questo non è sufficiente; è stata la prima nazione cristiana perché il Signore l’ha benedetta, perché ha avuto i santi, ha avuto vescovi santi, martiri… E per questo si è formato nella sua resistenza quella “pelle di pietra” – diciamo così –, ma non ha perso la tenerezza di un cuore materno; e l’Armenia è anche madre. Questa era la seconda domanda. E veniamo alla prima, adesso. Sì, io avevo tanti contatti con gli armeni, andavo spesso da loro alle Messe; tanti amici armeni; o una cosa che di solito non mi piace fare per riposo, ma andavo a cena con loro, e voi fate cene pesanti! Ma sono molto amico, molto amico sia dell’arcivescovo Kissag Mouradian, della Chiesa Apostolica, sia di Boghossian, quello cattolico. Ma fra voi, più importante dell’appartenenza alla Chiesa Apostolica o alla Chiesa Cattolica, è l’“armenità”, e questo io l’ho capito in quei tempi. Oggi mi ha salutato un argentino di famiglia armena che, quando andavo alle Messe, sempre l’Arcivescovo lo faceva sedere accanto a me perché mi spiegasse alcune cerimonie o alcune parole che io non capivo.
Padre Lombardi:
Grazie mille, Santo Padre. Adesso diamo la parola a un’altra rappresentante armena che è la signora Jeanine Paloulian, di “Nouvelles d’Arménie”.
Jeanine Paloulian, “Nouvelles d’Arménie”:
(in francese) Grazie, Santo Padre. Ieri sera, all’incontro ecumenico di preghiera, Lei ha chiesto ai giovani di essere artefici della riconciliazione con la Turchia e con l’Azerbaigian. Vorrei chiederLe semplicemente – visto che tra qualche settimana Lei andrà in Azerbaigian – cosa Lei, cosa la Santa Sede può fare concretamente per aiutarci, per aiutarci a procedere. Quali sono i segni concreti. Lei ne ha fatti in Armenia. Quali sono i segni che Lei farà, domani, in Azerbaigian?
Papa Francesco:
Io parlerò agli azeri della verità, di quello che ho visto, di quello che sento. E incoraggerò anche loro. Io ho incontrato il Presidente azero e ho parlato con lui. E dirò anche che non fare la pace per un pezzettino di terra – perché non è una gran cosa – significa qualcosa di oscuro… Ma lo dico a tutti, questo: agli armeni e agli azeri. Forse non si mettono d’accordo sulle modalità di fare la pace, e su questo si deve lavorare. Ma di più non so cosa dire. Dirò quello che al momento mi viene nel cuore, ma sempre in positivo, cercando di trovare soluzioni che siano percorribili, che portino avanti.
Padre Lombardi:
Grazie mille. E adesso diamo la parola a Jean-Louis de la Vaissière, di “France Presse”. Credo che sia l’ultimo viaggio che fa con noi. Quindi siamo contenti di dargli la parola.
Jean-Louis de la Vaissière, “France Presse”:
Santo Padre, prima di tutto vorrei ringraziarLa da parte mia e da parte di Sébastien Maillard di “La Croix”. Noi andiamo via da Roma e volevamo di cuore ringraziare per questo soffio di primavera che soffia sulla Chiesa. Poi avevo una domanda: perché Lei ha deciso di aggiungere apertamente la parola “genocidio” nel suo discorso al Palazzo presidenziale? Su un tema doloroso come questo, pensa che sia utile per la pace in questa regione complicata?
Papa Francesco:
Grazie. In Argentina, quando si parlava dello sterminio armeno, si usava sempre la parola “genocidio”. Io non ne conoscevo un’altra. E nella cattedrale di Buenos Aires, sul terzo altare a sinistra abbiamo messo una croce di pietra a ricordo del “genocidio armeno”. E’ venuto l’Arcivescovo, i due Arcivescovi armeni, quello cattolico e quello apostolico, e l’hanno inaugurata. Inoltre, l’Arcivescovo apostolico nella chiesa cattolica di San Bartolomeo - un’altra [chiesa] - ha fatto un altare in memoria di San Bartolomeo [evangelizzatore dell’Armenia]. Ma sempre…, io non conoscevo un’altra parola. Iovengo con questa parola. Quando arrivo a Roma, sento l’altra parola, “il Grande Male” o “la tragedia terribile”, in lingua armena [Metz Yeghern], che non so pronunciare. E mi dicono che quella del genocidio è offensiva, che si deve dire questa. Io sempre ho parlato dei tre genocidi del secolo scorso, sempre tre. Il primo, quello armeno; poi, quello di Hitler; e l’ultimo, quello di Stalin. I tre. Ce ne sono altri più piccoli. Ce n’è stato un altro in Africa [Rwanda]. Ma nell’orbita delle due grandi guerre, sono questi tre. E ho domandato, perché qualcuno dice: “Alcuni pensano che non è vero, che non è stato un genocidio”. Un altro mi diceva – un legale mi ha detto questo, che mi ha interessato tanto –: “La parola genocidio è una parola tecnica, è una parola che ha una tecnicità, che non è sinonimo di sterminio. Si può dire sterminio, ma dichiarare un genocidio comporta azioni di risarcimenti e cose del genere”. Questo mi ha detto un legale. L’anno scorso, quando preparavo il discorso [per la celebrazione del 12 aprile 2015 a Roma], ho visto che san Giovanni Paolo II ha usato la parola, le ha usate tutt’e due: “il Grande Male” e “genocidio”. E io ho citato tra virgolette questa. E non è caduta bene: è stata fatta una dichiarazione del governo turco; la Turchia in pochi giorni ha richiamato ad Ankara l’Ambasciatore – che è un bravo uomo, un ambasciatore “di lusso” ci ha inviato la Turchia! – è tornato due o tre mesi fa… E’ stato un “digiuno diplomatico”... Ma ne ha il diritto: il diritto alla protesta l’abbiamo tutti. E in questo discorso [in Armenia], all’inizio non c’era la parola, questo è vero; e rispondo sul perché io l’ho aggiunta. Dopo aver sentito il tono del discorso del Presidente, e anche con il mio passato riguardo a questa parola, e dopo aver detto questa parola l’anno scorso in San Pietro, pubblicamente, sarebbe suonato molto strano non dire lo stesso, almeno. Ma lì io volevo sottolineare un’altra cosa, e credo – se non sbaglio – che ho detto: “In questo genocidio, come negli altri due, le grandi potenze internazionali guardavano da un’altra parte”. E questa è stata l’accusa. Nella Seconda Guerra Mondiale, alcune potenze avevano le fotografie delle ferrovie che portavano a Auschwitz: avrebbero avuto la possibilità di bombardare, e non l’hanno fatto. E’ un esempio. Nel contesto della Prima Guerra, dove c’è stato il problema degli armeni, e nel contesto della Seconda Guerra, dove c’è stato il problema di Hitler e Stalin, e dopo Yalta i lager e tutto questo, nessuno parla? Si deve sottolineare questo, e fare la domanda storica: perché non avete fatto questo? Voi potenze – non accuso, faccio una domanda. E’ interessante: si guardava, sì, alla guerra, a tante cose, ma quel popolo… E, non so se è vero, ma mi piacerebbe vedere se è vero, che quando Hitler perseguitava tanto gli ebrei, una delle cose che lui avrebbe detto è: “Ma chi si ricorda oggi degli armeni? Facciamo lo stesso con gli ebrei!”. Non so se è vero, forse è una diceria, ma io ho sentito dire questo. Gli storici cerchino e vedano se è vero. Credo di avere risposto. Ma questa parola, mai io l’ho detta con animo offensivo, piuttosto oggettivamente.
Padre Lombardi:
Grazie mille, Santità. Ha toccato un argomento delicato, con grande sincerità e profondità. Adesso diamo la parola a Elisabetta Piqué che, come Lei sa, è dell’Argentina, de “La Nación”.
Elisabetta Piqué, “La Nación”:
(in spagnolo) Complimenti, prima di tutto, per il viaggio. Vorrei chiederLe: sappiamo che Lei è il Papa, ma c’è anche Papa Benedetto, il Papa emerito. Ultimamente ci sono state delle voci, una dichiarazione del Prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gänswein, che avrebbe detto che ci sarebbe un ministero petrino condiviso – se non mi sbaglio - con un Papa attivo e un altro contemplativo. Ci sono due Papi?
Papa Francesco:
(in spagnolo) C’è stata un’epoca nella Chiesa in cui ce ne sono stati tre! (ripete in italiano) In un certo periodo, nella Chiesa, ce n’erano tre! Io non ho letto quella dichiarazione perché non ho avuto tempo. Benedetto è Papa emerito. Lui ha detto chiaramente, quell’11 febbraio, che dava le sue dimissioni a partire dal 28 febbraio, che si sarebbe ritirato per aiutare la Chiesa con la preghiera. E Benedetto è nel monastero, e prega. Io sono andato a trovarlo tante volte, o al telefono… L’altro giorno mi ha scritto una letterina – ancora firma con quella firma sua – facendomi gli auguri per questo viaggio. E una volta – non una volta, parecchie volte – ho detto che è una grazia avere a casa il “nonno” saggio. Anche davanti a lui l’ho detto, e lui ride. Ma lui per me è il Papa emerito, è il “nonno” saggio, è l’uomo che mi custodisce le spalle e la schiena con la sua preghiera. Mai dimentico quel discorso che ci ha fatto, ai Cardinali, il 28 febbraio: “Uno di voi sicuramente sarà il mio successore. Prometto obbedienza”. E lo ha fatto. Poi ho sentito – ma non so se è vero questo – sottolineo: ho sentito, forse saranno dicerie, ma concordano con il suo carattere, che alcuni sono andati lì a lamentarsi perché “questo nuovo Papa…”, e lui li ha cacciati via! Con il migliore stile bavarese: educato, ma li ha cacciati via. E se non è vero, è ben trovato, perché quest’uomo è così: è un uomo di parola, un uomo retto, retto, retto! Il Papa emerito. Poi, non so se Lei si ricorda, che io ho ringraziato pubblicamente – non so quando, ma credo durante un volo – Benedetto per aver aperto la porta ai Papi emeriti. 70 anni fa i vescovi emeriti non esistevano; oggi ce ne sono. Ma con questo allungamento della vita, si può reggere una Chiesa a una certa età, con acciacchi, o no? E lui, con coraggio – con coraggio! – e con preghiera, e anche con scienza, con teologia, ha deciso di aprire questa porta. E credo che questo sia buono per la Chiesa. Ma c’è un solo Papa. L’altro… o forse – come per i vescovi emeriti – non dico tanti, ma forse potranno essercene due o tre, saranno emeriti. Sono stati [Papi], [ora] sono emeriti. Dopodomani si celebra il 65° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Ci sarà il suo fratello Giorgio [questa presenza non è stata confermata], perché tutti e due sono stati ordinati insieme. E ci sarà un piccolo atto, con i Capi Dicastero e poca gente, perché lui preferisce… Ha accettato, ma molto modestamente; e anch’io ci sarò. E dirò qualche cosa a questo grande uomo di preghiera, di coraggio che è il Papaemerito - non il secondo Papa - che è fedele alla sua parola e che è un uomo di Dio. E’ molto intelligente, e per me è il nonno saggio a casa.
Padre Lombardi:
Adesso diamo la parola ad Alexej Bukalov, che è uno dei nostri decani e che – come Lei ben sa – rappresenta Itar-Tass, e quindi la cultura russa fra noi.
Papa Francesco:
Ha parlato russo in Armenia?
Alexej Bukalov – Itar-Tass:
Sì, con grande piacere. La ringraziamo sempre… Grazie, Santità, grazie per questo viaggio, che è il primo viaggio sul territorio ex-sovietico. Per me era molto importante seguirlo… La mia domanda va un po’ fuori da questo argomento: io so che Lei ha incoraggiato molto questo Concilio Panortodosso, addirittura all’incontro con il Patriarca Kirill a Cuba è stato menzionato come auspicio. Adesso Lei che giudizio ha su questo – diciamo – forum? Grazie.
Papa Francesco:
Un giudizio positivo! È stato fatto un passo avanti: non con il cento per cento, ma un passo avanti. Le cose che hanno giustificato, fra virgolette, [le assenze] sono sincere per loro, sono cose che con il tempo si possono risolvere. Volevano – i quattro che non sono andati – farlo un po’ più avanti. Ma credo che il primo passo si fa come si può. Come i bambini, quando fanno il primo passo lo fanno come possono: il primo lo fanno come i gatti e poi fanno i primi passi. Io sono contento. Hanno parlato di tante cose. Credo che il risultato sia positivo. Il solo fatto che queste Chiese autocefale si siano riunite, in nome dell’Ortodossia, per guardarsi in faccia, per pregare insieme e parlare e forse dire qualche battuta, ma questo è positivissimo. Io ringrazio il Signore. Al prossimo saranno di più. Benedetto sia il Signore!
Padre Lombardi:
Grazie Santità. Adesso passiamo il microfono a Edward Pentin, che rappresenta un po’ la lingua inglese: questa volta National Catholic Register.
Edward Pentin – National Catholic Register:
Santo Padre, come Giovanni Paolo II Lei sembra essere un sostenitore dell’Unione Europea: ha elogiato il progetto europeo quando recentemente ha ricevuto il Premio Carlo Magno. Lei è preoccupato del fatto che Brexit potrebbe portare alla disintegrazione dell’Europa ed eventualmente alla guerra?
Papa Francesco:
La guerra già c’è in Europa! Poi c’è un’aria di divisione, e non solo in Europa, ma dentro gli stessi Paesi. Si ricordi della Catalogna, l’anno scorso la Scozia… Queste divisioni non dico che siano pericolose, ma dobbiamo studiarle bene e, prima di fare un passo avanti per una divisione, parlare bene fra di noi e cercare soluzioni percorribili. Io davvero non so, non ho studiato quali siano i motivi perché il Regno Unito abbia voluto prendere questa decisione. Ma ci sono decisioni – e credo che questo l’ho già detto una volta, non so dove, ma l’ho detto – di indipendenza, che si fanno per emancipazione. Per esempio, tutti i nostri Paesi latinoamericani, anche i Paesi dell’Africa, si sono emancipati dalle corone di Madrid, di Lisbona; anche in Africa: da Parigi, Londra; da Amsterdam, l’Indonesia soprattutto… L’emancipazione è più comprensibile, perché c’è dietro una cultura, un modo di pensare. Invece la secessione di un Paese – ancora non sto parlando della Brexit –, pensiamo alla Scozia, è una cosa che ha preso il nome – e questo lo dico senza offendere, usando quella parola che i politici usano – di “balcanizzazione” – senza sparlare dei Balcani! E’ un po’ una secessione, non è emancipazione, e dietro ci sono storie, culture, malintesi; anche tanta buona volontà in altri. Questo bisogna averlo chiaro. Per me sempre l’unità è superiore al conflitto, sempre! Ma ci sono diverse forme di unità; e anche la fratellanza – e qui arrivo all’Unione Europea – è migliore dell’inimicizia o delle distanze. Rispetto alle distanze – diciamo – la fratellanza è migliore. E i ponti sono migliori dei muri. Tutto questo ci deve far riflettere. E’ vero, un Paese [dice]: “Io sono nell’Unione Europea, ma voglio avere certe cose che sono mie, della mia cultura…”. E il passo – e qui vengo al Premio Carlo Magno – che deve fare l’Unione Europea per ritrovare la forza che ha avuto nelle sue radici è un passo di creatività e anche di “sana disunione”: cioè dare più indipendenza, dare più libertà ai Paesi dell’Unione. Pensare un’altra forma di unione, essere creativi. Creativi riguardo ai posti di lavoro, all’economia. C’è un’economia “liquida” oggi in Europa che fa – per esempio in Italia – che la gioventù dai 25 anni in giù non abbia lavoro: il 40 per cento! C’è qualcosa che non va in quell’Unione massiccia… Ma non buttiamo il bambino con l’acqua sporca dalla finestra! Cerchiamo di riscattare le cose e ri-creare… Perché la ri-creazione delle cose umane – anche della nostra personalità – è un percorso, e sempre si deve fare. Un adolescente non è lo stesso della persona adulta o della persona anziana: è lo stesso e non è lo stesso, si ri-crea continuamente. E questo gli dà vita e voglia di vivere, e dà fecondità. E questo lo sottolineo: oggi le due parole-chiave per l’Unione Europea sonocreatività e fecondità. E’ la sfida. Non so, la penso così.
Padre Lombardi:
Grazie Santità. Allora adesso diamo la parola a Tilmann Kleinjung, che è di Adr, la radio nazionale tedesca. Anche per lui credo sia l’ultimo viaggio… Quindi siamo lieti di dargli questa possibilità.
Tilmann Kleinjung – Adr:
Sì, anch’io sono in partenza per la Baviera. Grazie per poter fare questa domanda. “Zu viel Bier, zu viel Wein”. Heiliger Vater, io volevo farLe una domanda: Lei oggi ha parlato dei doni condivisi delle Chiese, insieme. Visto che Lei andrà – fra quattro mesi – a Lund per commemorare il 500° anniversario della Riforma, io penso che forse questo è il momento giusto anche per non ricordare solo le ferite da entrambe le parti, ma anche per riconoscere i doni della Riforma, e forse anche – e questa è una domanda eretica – per annullare o ritirare la scomunica di Martin Lutero o di una qualsiasi riabilitazione. Grazie.
Papa Francesco:
Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate: era un riformatore. Forse alcuni metodi non erano giusti, ma in quel tempo, se leggiamo la storia del Pastor, per esempio – un tedesco luterano che poi si è convertito quando ha visto la realtà di quel tempo, e si è fatto cattolico – vediamo che la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione nella Chiesa, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente, e ha fatto un passo avanti giustificando il perché faceva questo. E oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico. Ma non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino… E dietro di loro chi c’era? I principi, “cuius regio eius religio”. Dobbiamo metterci nella storia di quel tempo. E’ una storia non facile da capire, non facile. Poi sono andate avanti le cose. Oggi il dialogo è molto buono e quel documento sulla giustificazione credo che sia uno dei documenti ecumenici più ricchi, più ricchi e più profondi. E’ d’accordo? Ci sono divisioni, ma dipendono anche dalle Chiese. A Buenos Aires c’erano due chiese luterane: una pensava in un modo e l’altra in un altro. Anche nella stessa Chiesa luterana non c’è unità. Si rispettano, si amano… La diversità è quello che forse ha fatto tanto male a tutti noi e oggi cerchiamo di riprendere la strada per incontrarci dopo 500 anni. Io credo che dobbiamo pregare insieme, pregare. Per questo la preghiera è importante. Secondo: lavorare per i poveri, per i perseguitati, per tanta gente che soffre, per i profughi… Lavorare insieme e pregare insieme. E che i teologi studino insieme, cercando… Ma questa è una strada lunga, lunghissima. Una volta ho detto scherzando: “Io so quando sarà il giorno dell’unità piena” – “Quale?” – “Il giorno dopo la venuta del Figlio dell’uomo!”. Perché non si sa… Lo Spirito Santo farà questa grazia. Ma nel frattempo bisogna pregare, amarci e lavorare insieme, soprattutto per i poveri, per la gente che soffre, per la pace e tante altre cose, contro lo sfruttamento della gente… Tante cose per le quali si sta lavorando congiuntamente.
Padre Lombardi:
Grazie. Allora adesso diamo la parola a Cécile Chambraud, di “Le Monde”, che rappresenta ancora la lingua francese.
Cécile Chambraud – Le Monde:
(Domanda in spagnolo) Santo Padre, qualche settimana fa, Lei ha parlato di una Commissione per riflettere sulla tematica delle donne diaconesse. Vorrei sapere se già esiste questa Commissione e quali saranno le domande sulle quali rifletterà per essere risolte? E, infine, a volte una Commissione serve per dimenticarsi dei problemi: vorrei sapere se questo è il caso?
Papa Francesco:
C’era un presidente dell’Argentina che diceva, e consigliava agli altri presidenti degli altri Paesi: quando tu vuoi che una cosa non si risolva, fai una commissione! Il primo ad essere sorpreso di questa notizia sono stato io, perché il dialogo con le religiose, che è stato registrato e poi pubblicato su “L’Osservatore Romano”, era un’altra cosa, su questa linea: “Noi abbiamo sentito che nei primi secoli c’erano la diaconesse. Si potrà studiare questo? Fare una commissione?...”. Niente di più. Hanno chiesto, sono state educate, e non solo educate, ma anche amanti della Chiesa, donne consacrate. Io ho raccontato che conoscevo un siriano, un teologo siriano che è morto, quello che ha fatto l’edizione critica di Sant’Efrem in italiano. Una volta, parlando delle diaconesse – quando io venivo, alloggiavo in Via della Scrofa e lui abitava lì – a colazione, mi ha detto: “Sì, ma non si sa bene cosa erano, se avessero l’ordinazione…”. Certamente c’erano queste donne che aiutavano il vescovo; e lo aiutavano in tre cose: la prima, nel Battesimo delle donne, perché c’era il Battesimo per immersione; la seconda, nelle unzioni pre e post battesimali delle donne; e la terza – questo fa ridere – quando c’era la moglie che andava dal vescovo a lamentarsi perché il marito la picchiava, il vescovo chiamava una di queste diaconesse, la quale vedeva il corpo della donna per trovare lividi che provassero queste cose. Ho detto questo. “Si può studiare?” - “Sì, io dirò alla [Congregazione per la] Dottrina della Fede che si faccia questa Commissione”. Il giorno dopo [sui giornali]: “La Chiesa apre la porta alle diaconesse!”. Davvero, mi sono un po’ arrabbiato con i media, perché questo è non dire la verità delle cose alla gente. Ho parlato con il Prefetto della [Congregazione per la] Dottrina della Fede, che mi ha detto: “Guardi che c’è uno studio che ha fatto la Commissione Teologica Internazionale negli anni Ottanta”. Poi ho parlato con la presidente [delle Superiore Generali] e le ho detto: “Per favore, mi faccia arrivare una lista di persone che Lei crede che si possa prendere per fare questa Commissione”. E mi ha inviato la lista. Anche il Prefetto mi ha inviato la lista, e adesso è lì, sulla mia scrivania, per fare questa Commissione. Io credo che si sia studiato tanto sul tema nell’epoca degli anni Ottanta e non sarà difficile far luce su questo argomento. Ma c’è un’altra cosa. Un anno e mezzo fa, io ho fatto una commissione di donne teologhe che hanno lavorato con il Cardinale Ryłko [Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici], e hanno fatto un bel lavoro, perché è molto importante il pensiero della donna. Per me la funzione della donna non è tanto importante quanto il pensiero della donna: la donna pensa in un altro modo rispetto a noi uomini. E non si può prendere una buona decisione, buona e giusta, senza sentire le donne. Alcune volte, a Buenos Aires, facevo una consultazione con i miei consultori, li sentivo su un tema; poi facevo venire alcune donne e loro vedevano le cose con un’altra luce, e questo arricchiva tanto, tanto; e poi la decisione era molto, molto feconda, molto bella. Io devo incontrare queste donne teologhe, che hanno fatto un buon lavoro, che si è però fermato. Perché? Perché il Dicastero per i laici adesso cambia, si ristruttura. E io aspetto un po’ che ciò avvenga per continuare questo secondo lavoro, quello delle diaconesse. Un’altra cosa circa le donne teologhe – e questo io vorrei sottolinearlo –: è più importante il modo di capire, di pensare, di vedere le cose delle donne che la funzionalità della donna. E poi ripeto quello che dico sempre: la Chiesa è donna, è “la” Chiesa. E non è una donna “zitella”, è una donna sposata con il Figlio di Dio, il suo Sposo è Gesù Cristo. Pensi su questo e poi mi dice cosa pensa…
Padre Lombardi:
Allora, dato che ha parlato delle donne, facciamo fare un’ultima domanda ad una donna; dopo, ne faccio una e concludiamo…. Così dopo un’ora La lasciamo in pace. Cindy Wooden, che è responsabile di Cns, che è l’Agenzia cattolica degli Stati Uniti.
Cindy Wooden – Cns:
Grazie Santità. Nei giorni scorsi, il Cardinale tedesco Marx, parlando ad una grande conferenza molto importante a Dublino, sulla Chiesa nel mondo moderno, ha detto che la Chiesa cattolica deve chiedere scusa alla comunità gay per aver marginalizzato queste persone. Nei giorni successivi alla strage di Orlando, tanti hanno detto che la comunità cristiana ha qualcosa a che fare con questo odio verso queste persone. Cosa pensa lei?
Papa Francesco:
Io ripeterò la stessa cosa che ho detto nel primo viaggio, e ripeto anche quello che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: che non vanno discriminati, che devono essere rispettati, accompagnati pastoralmente. Si possono condannare, non per motivi ideologici, ma per motivi – diciamo – di comportamento politico, certe manifestazioni un po’ troppo offensive per gli altri. Ma queste cose non c’entrano con il problema: se il problema è una persona che ha quella condizione, che ha buona volontà e che cerca Dio, chi siamo noi per giudicarla? Dobbiamo accompagnare bene, secondo quello che dice il Catechismo. E’ chiaro il Catechismo! Poi ci sono tradizioni in alcuni Paesi, in alcune culture che hanno una mentalità diversa su questo problema. Io credo che la Chiesa non solo debba chiedere scusa – come ha detto quel Cardinale “marxista” [Cardinale Marx] – a questa persona che è gay, che ha offeso, ma deve chiedere scusa anche ai poveri, alle donne e ai bambini sfruttati nel lavoro; deve chiedere scusa di aver benedetto tante armi… La Chiesa deve chiedere scusa di non essersi comportata tante, tante volte… – e quando dico “Chiesa” intendo i cristiani; la Chiesa è santa, i peccatori siamo noi! – i cristiani devono chiedere scusa di non aver accompagnato tante scelte, tante famiglie... Io ricordo da bambino la cultura di Buenos Aires, la cultura cattolica chiusa – io vengo da là! –: da una famiglia divorziata non si poteva entrare in casa! Sto parlando di 80 anni fa. La cultura è cambiata, grazie a Dio. Come cristiani dobbiamo chiedere tante scuse, non solo su questo. Perdono, e non solo scuse! “Perdono, Signore!”: è una parola che dimentichiamo – adesso faccio il pastore e faccio il sermone! No, questo è vero, tante volte il “prete padrone” e non il prete padre, il prete “che bastona” e non il prete che abbraccia, perdona, consola... Ma ce ne sono tanti! Tanti cappellani di ospedali, cappellani dei carcerati, tanti santi! Ma questi non si vedono, perché la santità è “pudorosa” [ha pudore], si nasconde. Invece è un po’ sfacciata la spudoratezza: è sfacciata e si fa vedere. Tante organizzazioni, con gente buona e gente non tanto buona; o gente alla quale tu dai una “borsa” un po’ grossa e guarda dall’altra parte, come le potenze internazionali con i tre genocidi. Anche noi cristiani – preti, vescovi – lo abbiamo fatto questo; ma noi cristiani abbiamo anche una Teresa di Calcutta e tante Terese di Calcutta! Abbiamo tante suore in Africa, tanti laici, tante coppie di sposi santi! Il grano e la zizzania, il grano e la zizzania. Così Gesù dice che è il Regno. Non dobbiamo scandalizzarci di essere così. Dobbiamo pregare perché il Signore faccia in modo che questa zizzania finisca e che ci sia più grano. Ma questa è la vita della Chiesa. Non si può porre un limite. Tutti noi siamo santi, perché tutti noi abbiamo lo Spirito Santo dentro, ma siamo – tutti noi – peccatori. Io per primo. D’accordo? Grazie. Non so se ho risposto… Non solo scusa, ma perdono!
Padre Lombardi:
Santo Padre, mi permetto di fare io un’ultima domanda e poi La lasciamo andare in pace…
Papa Francesco:
Non mi metta in difficoltà….
Padre Lombardi:
Riguarda il prossimo viaggio in Polonia, a cui stiamo già cominciando a prepararci. E Lei vi dedicherà la preparazione in questo mese di luglio. Se ci dice qualcosa sui sentimenti con cui va verso questa Giornata Mondiale della Gioventù, in questo Giubileo della Misericordia. E un altro punto, un po’ specifico, è questo: noi abbiamo visitato con Lei il Memoriale di Tzitzernakaberd, durante la visita in Armenia, e Lei visiterà anche Auschwitz e Birkenau, durante il viaggio in Polonia. Io ho sentito che Lei desidera vivere questi momenti più col silenzio che con le parole, sia come ha fatto qui, forse anche a Birkenau. Quindi volevo chiederle se ci voleva dire se avrebbe fatto lì un discorso o se preferiva, invece, fare un momento di preghiera silenziosa con una sua motivazione specifica.
Papa Francesco:
Due anni fa, a Redipuglia, ho fatto lo stesso per commemorare il centenario della Grande Guerra. A Redipuglia sono andato in silenzio. Poi c’era la Messa e alla Messa ho fatto la predica, ma era un’altra cosa. Il silenzio. Oggi abbiamo visto – questa mattina – il silenzio…. Era oggi? [P. Lombardi: No, ieri] Io vorrei andare in quel posto di orrore senza discorsi, senza gente, soltanto i pochi necessari… Ma i giornalisti è sicuro che ci saranno!… Ma senza salutare questo, questo… No, no. Da solo, entrare, pregare… E che il Signore mi dia la grazia di piangere.
Padre Lombardi:
Grazie Santità. Allora La accompagneremo anche nella preparazione di questo prossimo viaggio e La ringraziamo tantissimo per il tempo che ci ha dedicato. Adesso si riposi un po’, mangi anche Lei… E si riposi anche nel mese di luglio, poi.
Papa Francesco:
Grazie tante! Di nuovo grazie, grazie anche per il vostro lavoro e per la vostra benevolenza.
© Copyright - Libreria Editrice Vaticana
Fonte http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/june/documents/papa-francesco_20160626_armenia-conferenza-stampa.html
Corridoi Umanitari, una buona pratica per accogliere i rifugiati
domenica 26 giugno 2016
Demon Hunter - Dead flowers
I suffered the blame
I would show to you this way
But I'm too late
I will replace them
For you
Laid at the grave to heal a broken heart
Let it rain it rain until it floods
Let the sun breathe life once more
Reborn
To walk beside and carry on this flame
To see you again
With a radiance
of pure and holy name
When the sorrow, it breaks them
I will replace them
For you
Laid at the grave to heal a broken heart
Let it rain it rain until it floods
Let the sun breathe life once more
Reborn
Laid at the grave to heal a broken heart
Let it rain it rain until it floods
Let the sun breathe life once more
Reborn
Dead flowers for the torn apart
Dead flowers for the torn apart
Let the sun breathe life once more
Reborn
Dead flowers for the torn apart
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giovedì 23 giugno 2016
martedì 21 giugno 2016
St Aloysius / San Luigi Gonzaga
lunedì 20 giugno 2016
#WithRefugees Giornata Mondiale del Rifugiato
Il Centro Astalli è gestito dal servizio per i rifugiati dei gesuiti.
Ecco i video che potete vedere sul canale YouTube della Presidenza della Repubblica Italiana
sabato 18 giugno 2016
La Croce di Cristo
"La croce l’abbiamo attaccata con riverenza
alle pareti di casa nostra,
ma non ce la siamo piantata nel cuore."
Don Tonino Bello
ASIA/SRI LANKA - I Clarettiani impegnati nella solidarietà con le vittime delle alluvioni Colombo (Agenzia Fides)
ASIA/SRI LANKA - I Clarettiani impegnati nella solidarietà con le vittime delle alluvioni Colombo (Agenzia Fides) –
I religiosi Clarettiani in Sri Lanka sono attivamente impegnati nel soccorso alle vittime delle alluvioni che hanno colpito la nazione nel maggio scorso, lasciando igenti danni a persone, case, strutture. Come scrive in una missiva perventa a Fides il Superiore maggiore dei Clarettiani in Sri Lanka, p. Rex Constantine, “le nostre missioni non sono state direttamente colpite dalle inondazioni che hanno portato un disastro nazionale per il paese. Come cristiani, abbiamo deciso di rispondere con un senso di urgenza e di solidarietà, impegnandoci in piccole opere di soccorso in base alle nostre possibilità”. I Clarettiani hanno formato il team “Clarettian Disaster Recovery” per pianificare e coordinare gli sforzi di soccorso e ricostruzione. Il team sta progettando strategie e azioni per essere di aiuto alle persone colpite, in accordo con altre istituzioni come la Caritas e altre Ong.
Molte aree dello Sri Lanka, investite da piogge torrenziali a partire dal 10 maggio, hanno subito inondazioni e frane, con gravi danni ai raccolti e alle abitazioni. Sono 22 i distretti interessati da ingenti danni mentre 92 persone sono morte e 131 sono tuttora disperse. Circa 320mila persone sono state evacuate e hanno dovuto lasciare le aree di residenza, vivendo ora da sfollati interni. Ad oggi 67mila famiglie sono residenti in 497 campi per sfollati in 9 distretti. (PA) (18/6/2016)
Fonte http://www.fides.org
lunedì 13 giugno 2016
sabato 11 giugno 2016
mercoledì 8 giugno 2016
3 Campioni d'Italia in Biancoverde
3 CAMPIONI D'ITALIA IN BIANCOVERDE
Treviso, 8 giugno 2016
Il Benetton Rugby Treviso è lieto di annunciare l’arrivo dalla Rugby Rovigo Delta dei seguenti atleti: Nicola Quaglio, Guglielmo Zanini e Giorgio Bronzini, freschi vincitori del campionato italiano.
Nicola Quaglio, pilone e tallonatore rodigino classe 1991, 184 cm per 120 kg, è cresciuto nelle giovanili del Rovigo sino a raggiungere la prima squadra. Figlio e nipote d’arte, il padre Mauro aveva vinto nel 1988 prima e nel 1990 dopo, gli ultimi due scudetti rossoblù. Prima di qualche settimana fa quando è toccato anche a Nicola alzare la coppa al cielo ed essere campione d’Italia. Membro delle diverse selezioni nazionali giovanili, nel 2011 ha partecipato al Mondiale U20 svoltosi in Veneto, al Sei Nazioni U20 e successivamente ai raduni con la Nazionale Emergenti e con la Nazionale Maggiore lo scorso 14 dicembre.
Quaglio lascia la Rugby Rovigo Delta dopo 115 presenze tra Eccellenza e Challenge Cup e 30 punti realizzati.
“L'interessamento del Benetton Rugby è per me motivo di soddisfazione e mi ripaga dei tanti sacrifici fatti per raggiungere traguardi sempre più ambiziosi. Spero di ripagare la fiducia del club, colgo l'occasione per ringraziare la Rugby Rovigo per la possibilità datami fin da piccolo di crescere umanamente e professionalmente”.
Guglielmo Zanini, flanker e numero 8 ventiquattrenne dotato di un’importante struttura fisica, è cresciuto nel Venezia-Mestre, in seguito al fallimento della società lagunare, è approdato nel settore giovanile del Benetton Rugby. La sua carriera continua nel San Donà per poi passare nella stagione 2012/2013 alla Lazio Rugby. L’anno seguente firma per la Rugby Rovigo, squadra con la quale ha giocato sino ad oggi collezionando 38 presenze. Emerso a tutti i livelli giovanili ha meritato diverse convocazioni con le Nazionali di categoria fino a partecipare al Mondiale under 20 in Sud Africa.
“Inutile nascondere che sono molto contento di aver avuto questa possibilità e aver dunque raggiunto questo obiettivo per il quale ho lavorato duramente negli ultimi anni. Sarà una pagina nuova della mia vita; dal punto di vista sportivo, sarà sicuramente la più importante, ricca di stimoli e di contenuti. Treviso come Rovigo, è una città di rugby, penso sarà facile trovarsi a proprio agio. Non mi stancherò mai di ringraziare Rovigo per la professionalità e la fame di rugby che posseggono e che sono i capisaldi della società e orgoglio della città; merito loro avermi messo nelle condizioni di raggiungere questa tappa del mio percorso. Non mi illudo, devo dimostrare ancora tutto e so bene che la competizione sarà altissima. Sono perfettamente conscio di chi saranno i miei compagni di reparto e delle loro qualità, saranno proprio questi gli stimoli più importanti per me.
Ringrazio ancora chi ha creduto in me in passato e soprattutto chi lo sta facendo ora per il futuro. Farò di tutto per non deluderlo”.
Giorgio Bronzini, mediano di mischia classe 1990, 178 cm per 87 kg, è nato a Viadana ed è cresciuto sportivamente nel club giallonero. Con quest’ultimo ha fatto il suo esordio in Eccellenza nella stagione 2009/2010 proprio contro il Benetton Rugby. L’anno seguente si trasferisce al Gran Ducato Parma riuscendo a fare un paio di apparizioni anche con gli Aironi in Celtic League, franchigia con cui gioca nel 2011/2012. Seguono due stagioni nel club viadanese, prima del suo arrivo alla Rugby Rovigo, squadra con cui sino ad oggi ha giocato 40 partite e messo a segno 35 punti. E’ stato convocato a diversi raduni della Nazionale Under 19 e della Nazionale Italiana Emergenti con cui ha partecipato alla Nation Cup in Romania nel 2012/2013 e a quella 2016 che avrà inizio domani.
“Dopo il mio trascorso in Celtic con gli Aironi, ho dato tutto me stesso per poter tornare a giocare in un campionato così prestigioso. Non mi sono mai demotivato, è stata una chiamata che mi ha fatto piacere ricevere, la competizione sarà molto alta per entrare a far parte della squadra, di un club e di una famiglia come quella del Benetton. Quindi sono davvero entusiasta e lusingato di poter far parte di un progetto così importante. Vorrei ringraziare chi mi ha onorato del suo interesse e ha voluto puntare su di me. Ho molta strada da fare e c'è sempre da dimostrare, sin dal primo giorno di raduno. Ne sono conscio e proprio per questo sono ancor più determinato a cogliere tutte le opportunità che si presenteranno durante questa grande sfida”.
Federico Arigano
Responsabile Comunicazione
www.benettonrugby.it
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Strada di Nascimben 1/B
31100 Treviso
+39(0)422.324345
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martedì 7 giugno 2016
Amoris Laetitia numero 250
lunedì 6 giugno 2016
BENETTON RUGBY : DAL MOGLIANO ARRIVANO ODIETE, ZANI, BUONDONNO E SPERANDIO
DAL MOGLIANO ARRIVANO ODIETE, ZANI, BUONDONNO E SPERANDIO
Treviso, 6 giugno 2016
Benetton Rugby Treviso è lieto di annunciare di aver acquisito i diritti sportivi dei seguenti atleti: David Odiete, Federico Zani, Andrea Buondonno e Luca Sperandio, tutti provenienti dal Rugby Mogliano.
David Odiete, utility back classe ’93, con passato da velocista nell’atletica leggera, nel 2008 abbandona la pista per dedicarsi completamente al rugby, vestendo la maglia azzurra nelle categorie U17, U18 ed U20, Italia 7s ed Emergenti.
Nel 2012 le sue qualità gli permettono di approdare alle Zebre e di essere selezionato dal CT Brunel per i primi raduni della propria gestione. La scorsa estate, dopo 41 gara ufficiali, lascia la franchigia parmense per trasferirsi a Mogliano, in Eccellenza.
A suon di buone prestazioni in avvio di stagione, conquista la convocazione per il Sei Nazioni 2016, debuttando a Saint-Denis contro la Francia, e scendendo in campo anche nel match contro l’Irlanda, incontro nel quale ha realizzato la sua prima meta internazionale.
“La scorsa estate ho avuto la possibilità ed il piacere di svolgere la preparazione con il Benetton, conclusasi questa parentesi ho lavorato ancora più duro per guadagnarmi ulteriore interesse da parte del club, questa attenzione è stata motivo di soddisfazione ed orgoglio. Le oltre 40 presenze in Pro12, mi permettono di dire di conoscere bene questa competizione, dentro e fuori dal campo. Sono entusiasta di ritrovare questo campionato”.
Federico Zani, 27 anni, 179 cm per 120 Kg, è un utility della prima linea, che in più occasioni ha dimotrato di essere capace di ricoprire sia il ruolo di pilone sinistro e destro che di tallonatore. Zani nella sua carriera ha vestito le maglie del Colorno, Gran Ducato Parma, Cus Verona, Petrarca Rugby ed infine in questa stagione quella del Mogliano, squadra con la collezionato 17 presenze e 2 mete. Dallo scorso anno è stato inserito tra i convocati della Nazionale Emergenti ed ha partecipato alla Tblisi Cup, competizione nella quale ha avuto modo di mettere in mostra le sue qualità. Infine, Zani negli scorsi mesi ha avuto la possibilità di vestire la maglia biancoverde, come permit player, in occasione del match casalingo di Guinness Pro12 perso a pochi istanti dalla fine contro Munster.
“E’ stato sicuramente emozionante e mi ha riempito di gioia essere contattato da un club storico ed importante come il Benetton, sono molto orgoglioso di poter far parte di questo nuovo gruppo. Da parte mia c’è tanto entusiasmo e tanta voglia di lavorare per dare il mio contributo alla squadra, non vedo l’ora che inizi la nuova stagione”.
Andrea Buondonno, ala milanese, classe ‘92, è cresciuto nell’Union Rugby Milano, ha vestito le maglie dei Crociati, dei Lyons Piacenza, del Rugby Viadana e dall’anno scorso quella del Rugby Mogliano. Selezionato dalla Nazionale U.18 e Seven, pochi mesi fa è stato chiamato dal CT Jacques Brunel a far parte della lista dei 30 convocati per Italia vs Inghilterra, seconda giornata del Sei Nazioni 2016. Anche Buondonno, come già detto per Odiete e Zani, nel mese di febbraio si era allenato insieme al gruppo dei Leoni biancoverdi.
“Sono emozionato di poter vestire la maglia del Benetton, ho lavorato duro quest’anno al Mogliano sperando di ricevere una chiamata del genere. Arrivo con la consapevolezza di dover dimostrare ancora tanto al fine di ritagliarmi uno spazio vista la tanta competizione che ci sarà nel mio ruolo”.
Luca Sperandio, utility back fisico e veloce, classe 1996, Sperandio è un prodotto del vivaio biancoverde con cui ha vinto il campionato U16 nel 2002 e quello U18 nel 2014 battendo in finale il Rugby Colorno, match che lo ha visto autore di tre mete. Le sue prestazioni gli hanno permesso di debuttare, nonostante la giovane età, in Eccellenza con il Mogliano, club in cui ha disputato le ultime due stagioni sportive. Atleta da tempo nell’orbita della nazionale giovanile, negli ultimi due anni ha disputato due Sei Nazioni U20 ed un Mondiale di categoria. Convocato dal responsabile tecnico della nazionale Alessandro Troncon, domani disputerà la prima partita della World Cup U20 contro i padroni di casa dell’Inghilterra.
“Le mie sensazioni quando ho saputo dell'interessamento del Benetton sono state: questa è la più grande opportunità che un atleta giovane come me possa avere, fin da piccolo sognavo di indossare la maglia biancoverde e dopo lo scudetto vinto in Under 18 con questi colori, voglio poter dimostrare di essere all'altezza di far parte di questo gruppo. I miei obiettivi, essendo il più giovane, sono quelli di crescere per dare il maggior supporto e contributo possibile alla squadra cercando di trovare spazio per dimostrare le mie qualità”.
Federico Arigano
Responsabile Comunicazione
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giovedì 2 giugno 2016
Listen to What If I Was Nothing by All That Remains #np on #SoundCloud
Fra Cristoforo e la libertà e la pace che porta il perdono - Capitolo IV , I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni
"L'emozione di una vita,ma resto sempre Ugo " Partito il tour estivo di Italrugby
BENETTON RUGBY: DEFINITO LO STAFF TECNICO CHE AFFIANCHERA' COACH CROWLEY
DEFINITO LO STAFF TECNICO CHE AFFIANCHERA' COACH CROWLEY
Treviso, 2 giugno 2016
Benetton Rugby Treviso è lieta di comunicare la definizione delle figure dello staff tecnico che affiancheranno il neo coach biancoverde, Kieran Crowley, durante il corso della stagione sportiva 2016/2017.
Il ruolo di tecnico del reparto dei trequarti verrà ricoperto da Ezio Galon. Trevigiano classe ’77, è cresciuto rugbisticamente nelle giovanili del Benetton. Dopo le esperienze in Italia con le maglie del Bologna e del San Donà, nel 1998 si trasferisce in Francia dove milita per sette stagioni. Le prime tre con la maglia del Bourgoin-Jallieu, altrettante con La Rochelle, con cui vince due coppe di Francia consecutive, ed infine con il Lione. Nel frattempo, già dal 2011 Galon era entrato nel giro della Nazionale, chiamato dall’allora C.T. Brad Johnstone per il Sei Nazioni di quell’anno.
Nel 2005 al termine dell’esperienza transalpina, Galon torna in Italia ingaggiato dall'Overmach Parma, con la squadra emiliana vince due Coppe Italia. In quella stagione viene convocato in Nazione dal C.T. Berbizier per i test di fine anno, in seguito per il Sei Nazioni 2006 e per le qualificazioni alla Coppa del Mondo del 2007, alla quale prende parte. Anche Mallet, tecnico della Nazionale del 2008, conferma Ezio, che disputa così tutti e cinque gli impegni del Sei Nazioni. Nell’estate di quell’anno l’utility back trevigiano torna al Benetton, con cui disputa quattro stagioni, nelle quali vince due campionati d’Italia, una Supercoppa italiana e fa il suo esordio in Celtic League ed Heineken Cup.
Nell’estate del 2012 Galon si trasferisce al Mogliano, vincendo il suo terzo scudetto italiano. Alla fine della stagione 2013/2014, lascia il rugby giocato per vestire i panni prima di assistente allenatore del Marchiol e poi quelli di capo allenatore dello stesso club nella stagione appena conclusa.
“Poter dare il mio contributo alla squadra della città in cui sono nato è sicuramente un onore, una grande responsabilità e non vedo l'ora di cominciare.
Ringrazio Treviso per l'opportunità offertami, sono entusiasta di poter far parte di questa nuova avventura e di poter essere al fianco di Kieran, Marius, Fabio Benvenuto, Marco e Fabio Ongaro e di tutti gli altri membri dello staff. A parte Kieran, sono tutte persone con cui ho già lavorato o giocato, di conseguenza conosco bene il loro valore. In quanto allenatore, lavorare al loro fianco sarà sicuramente un importante momento formativo per me.
L'ambizione è quella di dare il mio apporto alla crescita in quei settori in cui abbiamo accumulato del ritardo rispetto alle concorrenti, e far sì che i giocatori si divertano a giocare a rugby. Ho avuto la fortuna di militare nei primi due anni di Celtic League a Treviso e proprio per questo so qual è il livello di esigenza necessario per essere competitivi, vincere e di conseguenza divertirsi.
Per finire sono quattro anni che sono partito da Treviso, quattro anni in cui ho avuto l'opportunità di vincere uno scudetto e di cominciare la carriera da allenatore e di questo sarò sempre grato al Mogliano."
Il reparto degli avanti e la mischia verranno allenati da Fabio Ongaro, anche lui come Ezio Galon ex giocatore biancoverde, ha iniziato a giocare a rugby nel Casale, squadra con la quale ha fatto l’esordio in A2 nel 1994. La sua carriera professionistica è cominciata con il Benetton Rugby, dove ha militato dal 1998 al 2006 vincendo 5 volte lo scudetto, una Coppa Italia ed una Supercoppa italiana. Successivamente è passato ai Saracens con cui ha giocato per quattro stagioni nella Premiership inglese. Terminata l’esperienza oltremanica Fabio è tornato in Italia con la maglia degli Aironi, l’altra franchigia italiana che insieme al Benetton nella stagione 2010/2011 aveva intrapreso il percorso celtico. Nell’estate del 2012, trascorso il secondo anno di contratto, Fabio diventa team manager delle Zebre, incarico ricoperto sino a settembre del 2014.
Fabio Ongaro nella sua carriera ha fatto stabilmente parte della Nazionale italiana sin dal 2000 quando l’allora CT azzurro Johnstone, nonostante il ruolo d’elezione di Fabio fosse quello di tallonatore, lo schiera terza linea nel test match contro il Canada. Lo stesso accade nel tour di metà anno del 2001 in Sudafrica e Sudamerica.
Sotto la gestione Kirwan, partecipa al Sei Nazioni 2003 e alla Coppa del Mondo dello stesso anno ricoprendo il ruolo di tallonatore. Successivamente Fabio prende parte a tutti i Sei Nazioni sino al 2012 ed ai Mondiali nel 2007 e nel 2011. Collezionando così 81 presenze e 25 punti in azzurro.
Infine ha fatto parte per due estati dello staff della nazionale giapponese guidato da Eddie Jones, occupandosi della mischia.
“Cercherò di mettermi a disposizione della società e della squadra per questa nuova avventura nel club che in passato mi ha dato tanto”.
Marco Bortolami, appese le scarpe al chiodo appena un mese fa, sfrutterà la sua esperienza internazionale per la cura delle touche ed insieme a Fabio Ongaro seguirà il reparto degli avanti. Nato a Padova il 12 giugno 1980, ha iniziato la propria carriera rugbistica del Petrarca, dove ha militato fino a 24 anni vincendo una Coppa Italia. Nel 2004 si trasferisce per due stagioni in Francia, al Narbonne in Top 16 prima di essere ingaggiato dagli inglesi del Gloucester, giocando per 4 anni in Premiership. Marco rientra in Italia nel 2010 vestendo la maglia degli Aironi, e dopo lo scioglimento di quest’ultimi prosegue la sua esperienza in Celtic League con le Zebre, squadra con cui ha giocato sino ad oggi e di cui è stato più volte capitano, come successo già con gli altri club in cui aveva militato.
In Nazionale fa il suo esordio nel 2001 contro la Namibia, un anno più tardi Kirwan lo nomina capitano dell’Italia nel match che vede gli azzurri sfidare gli All Blacks ad Hamilton. Diventa così il capitano più giovane della storia dell’Italrugby, nella stessa partita sigla la sua prima meta in Nazionale. Nel curriculum Bortolami inoltre vanta 112 caps con l’Italia, 12 Sei Nazioni in cui ha collezionato 51 presenze e 3 Mondiali (2003, 2007, 2011).
“È un grande onore poter far parte dello staff di una squadra importante come Treviso. Ho molta fiducia nei confronti delle persone che lavorano per il club, credo che insieme riusciremo a far crescere la squadra nel migliore dei modi. Non vedo l'ora di iniziare a lavorare con molti ragazzi con i quali sono sceso in campo fianco a fianco e con tutte le più giovani promesse del rugby italiano”
Infine Marius Goosen, che la scorsa stagione aveva inizialmente assunto la carica di director of rugby, per poi diventare in corsa l’head coach del Benetton Rugby; il prossimo anno ricoprirà il ruolo di assistente allenatore, in particolare curerà la fase difensiva. Tutto ciò al fine di esaltare le ottime qualità di tecnico, più volte dimostrate lungo il corso delle sue stagioni in biancoverde.
Nato a Kleinzee, in Sud Africa, il 6 aprile 1974, Marius Willem Goosen è arrivato a Treviso nel 2004 come centro e mediano di apertura.
In maglia biancoverde ha disputato 136 partite (102 di Campionato Italiano e 34 di Coppa Europa).
In precedenza, aveva indossato in Italia le maglie di Rugby Viadana e Rugby Roma e in patria quelle di Pumas, Blues Bulls, Bulls, Stormers e Western Province.
E' stato Emerging Springbok e Barbarian ed ha lasciato l'attività da giocatore al termine della stagione 2009/2010, entrando da allora all’interno dello staff tecnico.
“Sono felice del mio nuovo ruolo che mi vede allenatore della difesa. Come già successo negli ultimi sei mesi ed in passato, sarò più vicino al campo: è quello che più mi piace e che mi consente di dare il meglio di me”.
Federico Arigano
Responsabile Comunicazione
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